Sai che animali domestici, da compagnia e d’affezione non sono la stessa cosa? Ti svelo ciò che in pochi sanno, resterai senza parole.
Capita spesso di fermarsi su un dettaglio apparentemente banale. Per esempio, perché a volte diciamo “animali domestici”, altre “animali da compagnia”, altre ancora “animali d’affezione”.
Sembra tutto uguale, e per anni anch’io non ci ho fatto caso. Poi, quando inizi a pensarci, capisci che sono tre modi diversi di guardare agli animali, modi che in realtà raccontano come è cambiato il nostro rapporto con loro.
È come quando chiedi a più persone di descrivere lo stesso cane: c’è chi lo definisce “membro della famiglia”, chi “amico”, chi “responsabilità”, e nessuno sbaglia, è semplicemente un punto di vista.
Questa è forse la parola più antica delle tre. Non c’entra nulla con il fatto di tenere un animale in casa. La “domesticazione” riguarda la specie, non il singolo individuo.
È un processo lento, fatto di generazioni che vivono accanto all’uomo fino a diventare diverse dai loro antenati. Il cane è l’esempio che abbiamo tutti davanti, ma non è il solo: cavalli, pecore, mucche, polli… persino animali che oggi ci sembrano esotici sono considerati domestici.
Un animale domestico insomma è il risultato di una lunghissima convivenza. Non basta nascere in cattività. Un pappagallo, per dire, può vivere vent’anni con noi, ma resta comunque un animale selvatico.
Questo termine nasce da tutt’altro pensiero. Non interessa la storia evolutiva, ma il fatto che quell’animale condivida la nostra quotidianità. Che viva con noi, che entri nella nostra routine, che diventi parte della famiglia.
Oggi nella categoria degli animali che vivono accanto a noi rientra davvero di tutto. Non solo i classici cani e gatti, ma anche conigli che girano liberi per casa, pappagalli che parlano più di noi, serpenti tenuti in teche riscaldate, pesci tropicali dai colori impossibili e una quantità di piccoli animali che, qualche decennio fa, avremmo visto solo nei documentari. È incredibile pensare a come sia cambiata la nostra idea di convivenza con altre specie.
Proprio per descrivere questa realtà sempre più varia è nata la sigla NAC, “nuovi animali da compagnia”. Dietro quelle tre lettere c’è tutto un mondo fatto di specie selvatiche o esotiche che sono diventate parte della vita di tante persone.
Questa espressione la troviamo per la prima volta in una legge italiana all’inizio degli anni ’90, in un periodo in cui c’era bisogno di definire chiaramente la posizione di cani e gatti nel mondo giuridico. Il legislatore li definì “animali d’affezione” per sottolineare che non erano beni, né strumenti di lavoro, ma esseri verso cui le persone provano un legame emotivo.
Con il tempo questa parola è uscita dal contesto legale e ha iniziato a circolare nel linguaggio di tutti i giorni. Oggi molti la usano come un sinonimo di “animale da compagnia”, anche se il suo significato originario era più stretto.
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